I GRANDI MERIDIONALI ALLA GUIDA DELL’ITALIA UNITA

di Davide Simone*

Il falso mito della “colonizzazione interna”

Lo storico dovrà forse risalire ai tempi di Alessandro Magno per imbattersi in una civiltà che abbia posizionato nei ranghi del suo potere politico e gestionale i rappresentanti di un Paese sconfitto manu militari (“osmosi”). Questo perché una vera conquista implica il totale assoggettamento del nemico (quando vi è annessione) senza possibilità, per la sua élite, di accedere alle leve del comando. Chi ha veramente l’intento di dominare un popolo tenderà dunque a marginalizzarlo ed umiliarlo e non ad elevarlo a dignità paritetica.

Al contrario, osservando l’elenco dei Presidenti del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia (1861-1946), dei Capi di stato maggiore del regio esercito (funzione, quest’ultima, di vitale importanza in un’epoca che vedeva un massiccio impiego della forza armata dentro e fuori i confini nazionali), dei Presidenti della Repubblica e del Consiglio a partire dal giugno 1946, potremo evidenziare l’ampio spazio concesso alle personalità del mondo centro-meridionale dall’Unità in avanti.

Entrando più nel dettaglio, troveremo cinque Presidenti del Consiglio dei ministri del Regno provenienti dal Sud, per un totale di 14 nomine su 29 (la metà dei casi, escludendo l’investitura di Benito Mussolini, non prodotta dal metodo democratico): Antonio Starabba marchese di Rudinì (5 volte), Francesco Crispi (4 volte), Antonio Salandra (2 volte), Francesco Saverio Nitti (2 volte) e Vittorio Emanuele Orlando. Attraverso un ulteriore approfondimento, osserveremo come Crispi, già Ministro dell’Interno del Regno, fosse stato tra i maggiori protagonisti della Rivoluzione siciliana del 1848 e garibaldino, come Antonio Starabba. Antonio Salandra, Francesco Saverio Nitti e Vittorio Emanuele Orlando furono, al pari di Crispi, ministri dell’interno.

Ancor più nutrita la pattuglia dei rappresentanti dell’Italia centrale e meridionale tra i capi di stato maggiore delle forze armate: Enrico Cosenz (garibaldino), Domenico Primerano (partenopeo), Alberto Pollio, Armando Diaz, Nicola Gualtieri e Federico Baistrocchi.

Alcuni di questi nomi furono tra i primi attori della vita politica e militare italiana; si pensi a Crispi, Nitti e Orlando, tra gli statisti, ed a Cosenz e Diaz tra gli uomini in grigioverde.

Come abbiamo detto, con la fine della Monarchia la tendenza non subisce mutamenti ed inversioni. Enrico De Nicola, Antonio Segni, Giovanni Leone, Francesco Cossiga, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella sono i Presidenti della Repubblica provenienti dal Sud (7 su 12 in considerazione della doppia elezione di Giorgio Napolitano), mentre Palazzo Chigi ha visto per 15 volte su 29 (anche in questo caso la metà) la presenza di un meridionale: Mario Scelba, Antonio Segni (due volte), Giovanni Leone, (due volte), Giuseppe Conte (due volte), Aldo Moro (cinque volte), Emilio Colombo, Francesco Cossiga, Ciriaco De Mita.

Importante anche l’elenco di meridionali insediatisi dal 1861 ad oggi alla terza carica dello Stato (Presidenza della Camera): Francesco Crispi, Nicolò Gallo, Vittorio Emanuele Orlando (due volte), Enrico De Nicola (due volte), Alfredo Rocco (epoca fascista), Antonio Casertano (epoca fascista), Giovanni Leone (3 volte), Giorgio Napolitano, Luciano Violante, Roberto Fico. Stessa cosa per quanto riguarda la Presidenza del Senato (seconda carica dello Stato), con Ruggero Settimo, Giuseppe Manno, Vincenzo Fardella di Torrearsa, Pietro Tomasi Della Torretta, Enrico De Nicola, Giuseppe Paratore, Tommaso Morlino, Francesco Cossiga, Nicola Mancino, Renato Schifani, Pietro Grasso.

La panoramica mostra quindi tutta l’infondatezza del mito della “colonizzazione interna” da parte di un settore del Paese (il centro-nord) ai danni di un altro (il centro-sud), falsità particolarmente in voga presso quel movimento d’opinione e quella pubblicistica ostili al progetto unitario, alla sua realizzazione ed al suo impianto finale.

*Storiografo e giornalista